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Viaggia con Ginny

È  notte e sono su di un aereo diretto in Kenya. È la mia terza vacanza in Africa dopo Mauritius ed Egitto, sono molto  emozionata e non vedo l'ora di scoprire com’è. Nel viaggio ho preso due voli con uno scalo intermedio. Arrivati a destinazione, usciti dall'aereo ho cominciato a sentire un caldo tremendo. Prese le valigie delle scimmiette mi catturavano l'attenzione saltando ovunque. Purtroppo il viaggio non era ancora finito, avevo altre tre ore di macchina per raggiungere l'albergo. Nel tragitto sono stata colpita dalla bellezza delle palme, ai bordi delle strade, sotto di loro, dei bambini camminavano insieme per andare a scuola, ogni gruppo vestito di un colore diverso. Nonostante la lunga strada da percorrere e il caldo per il sole cocente sembrano felici, salutando al nostro passaggio. Arrivati al villaggio, andiamo nella nostra camera dove mi trovo davanti due letti a baldacchino. Uno per i miei genitori ed Alessio ed uno per me. I letti sono altissimi con zanzariere per evitare gli insetti.
Appena cambiati ci rechiamo in piscina per rinfrescarci. La struttura è a forma di cerchio con un isolotto nel mezzo ed un passaggio a collegarlo che divide l’acqua alta da quella bassa, nei giorni seguenti scoprirò un tunnel segreto sott’acqua che collega le due parti. A pochi passi da noi le palme, la sabbia e le onde fanno da sfondo. Dopo la cena c’è stato uno spettacolo Masai, una tribù locale. Vestiti con gonnelline rosse, questi uomini indossavano braccialetti e collane ed ai piedi delle ciabatte fatte con ritagli di gomme delle macchine. Tutti portavano con se un bastone arrotolato alla fine ed uno scudo di legno, per i loro combattimenti. Durante i rituali saltavano e cantavano e mi hanno chiesto più volte di unirmi a loro. Una cosa che mi ha fatto impressione è che uno di loro aveva delle orecchie strane, a me sembravano orecchini invece erano i lobi allungati. Alcuni Masai sapevano fare delle voci squillanti simili a pianti di bambini.

La mattina mi sveglio scoprendo che mio padre ha programmato una escursione in barca, sono molto emozionata. Arriviamo in spiaggia e saliamo su una barchetta azzurra insieme ad altri signori, una volta a largo saliamo su di una barca ancora più grande con cui faremo il viaggio, ha una scala che porta ad un piano più alto ed una tendina a fiori per riparare dal sole. Ad un certo punto la barca si ferma e mio padre e gli altri scendono, navigano di nuovo con la barchetta per poter andare a fare i biglietti, stiamo per entrare in un parco marino protetto. Così io rimango sulla barca principale con mia madre e mio fratello in compagnia di Abdul secondo capitano. Mentre aspettiamo noi finiamo per suonare i bonghi, ballare e cantare, bevendo coca cola. Il capitano indossa uno strano cappello, degli occhiali da sole, un costume a righe e una maglietta bianca. Nell’attesa impariamo nuove parole in swahili, come Jambo, che significa “ciao”, habari gani, “come stai?”, mzuri sana, “molto bene”, akuna matata, “senza problemi”, che insieme a pole pole  è il motto dell’africa, ed insegniamo a lui alcune parole in italiano. Tornati gli altri a bordo salpiamo per il parco nazionale marino di Malindi. Appena il secondo capitano butta giù l’ancora sono pronta a tuffarmi, mi metto la maschera e scendo le scalette. Io volevo vedere i pesci ma dalla mia maschera continuava ad entrare acqua fortunatamente mio fratello mi ha prestato la sua perché lui aveva paura dei pesci piangendo disperato. Indossando la maschera di Ale ho fatto i tuffi anche dal piano più alto della barca. Quando sono entrata avevo tutti i pesci vicinissimi alla maschera ma era impossibile toccarli, la maggior parte erano pesci zebra con le strisce, ma c’erano anche pesci farfalla e altri grigi. Il capitano aveva del pane con se e loro si avvicinavano a gruppi per mangiare dalle sue mani. Dopo faremo un'altra tappa in un isola che affiora solo con la bassa marea. Oggi il mare era alto e ci siamo fatti il bagno, toccavamo con i piedi la sabbia come a riva nonostante eravamo nel mezzo del nulla. Tornati al villaggio il pomeriggio facciamo una passeggiata al mare raccogliendo molte conchiglie. Il mare era pieno di alghe nere e la spiaggia di granchietti del colore della sabbia che entravano in dei buchi al nostro passaggio. In alcuni punti sembrava di stare nelle sabbie mobili perché’  sprofondavamo tantissimo lasciando impronte profondissime.

Il giorno dopo ci svegliamo presto per andare a fare un safari, saliamo su una jeep beige senza le cinture. Appena partiti sento traballare tutta la jeep perché’ ci sono moltissime buche.
Dopo un po’ di tragitto ci fermiamo per sgranchirci le gambe e l’autista fa salire a bordo altri due ragazzi siciliani, continuando il viaggio tra salti altissimi con mia madre che aveva il mal di macchina. Ad un certo punto io casco a terra ma non mi faccio male ed il viaggio continua. Quando la macchina si ferma mi accorgo di essere arrivata ad uno stranissimo villaggio dove dormiremo. Il lodge è vicino a un fiume con ippopotami e coccodrilli. C’erano molte capanne numerate la nostra era la 12, accompagnandoci ci fanno fare il tour della capanna. La capanna era molto spaziosa con tre letti a baldacchino, uno era il mio, uno di mio fratello ed uno per i miei genitori. Alla fine della tenda c’è una parte in muratura dove c’è un bagno aperto, senza porte.

 

Usciti dalla camera andiamo a fare una passeggiata insieme ai Masai, i guardiani del posto per vedere gli animali. Dopo pranzo ci riposiamo un po’ per poi partire per il safari accedendo al parco di Tsavo Est.Risaliti sulla jeep siamo partiti per il Safari. La nostra macchina ha il tettuccio sollevato così puoi stare in piedi e guardare fuori.Entrati nel parco vediamo un ingresso con scritto :” Tsavo East National Park” con dei cancelli a forma di rinoceronte. Il primo animale che vediamo è una tartaruga piccolina che cammina lungo il bordo della strada. La savana è una distesa di terra arancione con qualche baobab, pochi cespugli  ed è immensa per questo non è facile vedere gli animali, devi stare attento, fermo e non distrarti mai.

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